
Ravenna, 25 luglio 2019
Circa un anno fa, durante una fase apatica e difficile della mia vita, venni a conoscenza delle Pecore Nere e del Kendō, e non avevo la più pallida né di chi fossero le une, né di cosa fosse l’altro. Inutile dire che entrambe le cose hanno migliorato la mia vita sotto ogni aspetto, psicologico e relazionale.
Per poter iniziare a raccontare di come mi sia appassionata al Kendō, dovrei prima precisare cosa sono le Pecore Nere. Un gruppo eterogeneo di persone, unite dalla pratica libertaria, dalla condivisione e dalla partecipazione ad ogni attività proposta. Grazie alle attività organizzate dal centro estivo, sono venuta a conoscenza della suddetta arte marziale giapponese. Appena ho visto il Sensei Ballardini, non sapevo cosa fare. Un mix di tensione, goffaggine e confusione si erano ormai impadroniti di me già dal primo movimento, ma, sapere che sarebbe stata la prima volta per tutti, ha fatto in modo che la mia ansia si placasse, iniziando a sentirmi meno goffa e impacciata rispetto agli altri. Serviva coordinazione e pazienza, cose che ancora non avevo. Io e i miei compagni non comprendevamo perché venisse a illustrarci una disciplina del genere, che al tempo era sconosciuta tra il gruppo, ma dopo qualche lezione al parco, ho iniziato ad apprezzare questi insegnamenti. Anche se ormai era arrivata l’ultima lezione, e come ogni cosa bella che deve finire, un senso di angoscia mi ha pervaso sapendo che non avrei più rivisto i miei amici, e tantomeno, consapevole del fatto che anche la mia esperienza col Kendō sarebbe finita così presto. Sono proprio questi i momenti della vita in cui le persone si interrogano su cosa sia giusto fare e se valga la pena continuare ciò che hanno iniziato, ed a questo quesito io ho trovato risposta qualche tempo dopo, trovandomi nella palestra di Ravenna a fare la mia prima e vera lezione di Kendō, con la mia compagna di avventure Heidi.
Sì, ne è valsa la pena, e me ne rendo conto solo ora dopo un anno di questa magnifica disciplina. È stato un anno intenso, ricco di emozioni positive, dovute al sapere che la mia famiglia si stava allargando sempre di più (sì Sensei Fresa, anche tu ne fai parte ), grazie alle Pecore Nere e alle fantastiche persone che mi stanno accompagnando nella mia crescita personale. Dopo un anno posso confermare che il Kendō non è uno sport qualunque, uno di quelli che intraprendi per qualche anno per poi abbandonare improvvisamente. No. Il Kendō è molto altro, è una crescita fisica e psicologica, quasi una ‘terapia’ che cambia totalmente il tuo modo di vedere le cose e di pensare. È un arte marziale che aiuta a trovare l’equilibrio e l’energia dentro sé stessi con pazienza e disciplina. Che attraverso una tradizione millenaria arriva a noi, donandoci un altro modo di vedere la vita. Il Kendō è una disciplina che si applica non solo in palestra, ma diventa un respiro in qualsiasi momento della tua giornata. Prima di qualsiasi combattimento devo ammettere che un po’ di tensione ce l’ho, e i miei tempi di ansia nell’affrontare una prova o un combattimento sono ancora importanti. Però, grazie al Kendō, ho acquisito la consapevolezza che non si torna mai indietro e che le difficoltà vanno sempre affrontate.
Giulia Gondolini